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Difendiamo la trasparenza sulla esportazione di armi italiane

Al via una petizione per chiedere ai deputati di non svuotare la legge 185/90

Mobilitazione delle organizzazioni della società civile riunite nel coordinamento “Basta favori ai mercanti di armi”

Anche Rete Italiana Pace e Disarmo è tra i promotori, insieme a decine di organizzazioni della società civile riunite nel coordinamento “Basta favori ai mercanti di armi”, di una mobilitazione per chiedere al Parlamento di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull’esportazione di armamenti previsti dalla legge 185 del 1990.

Il Senato ha approvato in aula il 21 febbraio 2024 un disegno di legge di iniziativa governativa che cancella i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni. Con una fretta inconsueta e degna di miglior causa e approfittando della distrazione della stampa e dell’opinione pubblica, il disegno di legge è stato approvato prima in commissione e poi in aula al Senato, dove sono stati bocciati tutti gli emendamenti che tentavano di mitigare gli effetti più nefasti del provvedimento. Il testo è ora all’esame della Camera: sarà esaminato dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa e si prevede che arriverà in aula a maggio. Decine di organizzazioni della società civile chiedono ai deputati di modificare il disegno di legge per ripristinare il controllo del Parlamento sull’export di armi e sulle banche che fanno affari con tali operazioni.

“Va fermata questa folle corsa alle guerre ed al riarmo. L’opinione pubblica deve comprendere che siamo entrati in un’economia di guerra senza alcun mandato popolare. Siamo in una democrazia con una Costituzione che ci obbliga a costruire convivenza e cooperazione tra i popoli e ad agire nel quadro del diritto internazionale. Tutta altra storia dell’isteria che sta attraversando l’Europa e che pensa a produrre munizioni e ad alzare muri ai propri confini. Il Parlamento italiano deve ascoltare e rappresentare i bisogni della cittadinanza che sono il lavoro con diritti, la sanità e la formazione pubblica, la sicurezza del territorio e la sicurezza sul lavoro. Chiediamo al Parlamento di confrontarsi con la società civile e di opporsi allo smantellamento della Legge 185″ dichiara Sergio Bassoli coordinatore dell’Esecutivo di Rete Pace Disarmo.

L’importanza della legge 185/90

Si tratta di una norma innovativa che il Parlamento ha approvato nel 1990 dopo una grande campagna di mobilitazione della società civile, inserendo per la prima volta dei criteri non economici nella valutazione di autorizzazione delle vendite estere di armi italiane. Un approccio che è stato poi ripreso sia dalla Posizione Comune UE sull’export di armi sia dal Trattato ATT (Arms Trade Treaty). Sebbene nel corso degli anni la legge 185 – che prevede il divieto di invio di armi verso Paesi in conflitto e in cui ci siano gravi violazioni dei diritti umani – non sia stata in grado di fermare esportazioni di sistemi militari con impatti molto negativi, è indubbio il grande ruolo di trasparenza che essa ha avuto. Permettendo al Parlamento e alla società civile di conoscere i dettagli di un mercato spesso altamente opaco.

Ora questa possibilità di trasparenza è messa in pericolo a causa di decisioni che vogliono rendere sempre più liberalizzata la vendita di armi, con l’utilizzo di false retoriche: non è vero che c’è un problema di eccessivi controlli sull’esportazione di armi italiane e non è vero che questa modifica della legge 185/90 favorirà una maggiore sicurezza per l’Italia in un momento di crisi internazionale. Al contrario facilitare la vendita all’estero di armi che sicuramente finiranno nelle zone più conflittuali del mondo aumenterà l’insicurezza globale, e quindi anche quella di tutti noi, solo per garantire un facile profitto di pochi. Questa modifica della legge 185/90 parte da lontano perché da anni la lobby dell’industria militare e i centri di ricerca e di pressione ad essa collegati chiedono a gran voce di poter praticamente liberalizzare l’export di armi. A chi fa affari vendendo nel mondo armi e sistemi militari non fa piacere che ci sia trasparenza e controllo anche da parte della società civile, oltre che allineamento con principi che non prendono in considerazione solo i fatturati. Già nella situazione attuale sappiamo bene che non sempre le autorizzazioni rilasciate sono state in linea con i criteri della Legge 185/90 e dei trattati internazionali: se il nuovo disegno di legge dovesse passare la situazione peggiorerebbe, in particolare sulla questione degli intrecci tra finanza e produzione di armamenti.

“Col pretesto di rendere la normativa più rispondente alle sfide dell’attuale contesto internazionale, il governo Meloni vuole di fatto limitare l’applicazione dei divieti sulle esportazioni di armamenti, ridurre al minimo l’informazione al Parlamento e alla società civile ed eliminare, tra l’altro, dalla Relazione ufficiale annuale tutta la documentazione riguardo al coinvolgimento degli Istituti di credito nell’import-export di armi e sistemi militari italiani. I cittadini non sapranno più dalla Relazione  quante e quali armi vengono esportate e non avranno più informazioni sulle banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armamenti in particolare verso regimi autoritari e Paesi coinvolti in conflitti armati” sottolinea Giorgio Beretta, analista sull’export militare per Rete Pace Disarmo e Opal Brescia.


La petizione

Le organizzazioni della società civile aderenti chiedono ai cittadini e alle cittadine e a tutte le organizzazioni interessate di firmare la petizione pubblicata sul sito di Rete Italiana Pace e Disarmo “Basta favori ai mercanti di armi”.

Nei prossimi giorni partiranno anche altre mobilitazioni tra cui l’invio di lettere ai parlamentari, la richiesta di audizioni parlamentari e l’organizzazione di momenti di assemblea pubblica.

Per maggiori informazioni:
https://retepacedisarmo.org/petizione-basta-favori-ai-mercanti-di-armi-fermiamo-lo-svuotamento-della-legge-185-90/

https://www.bancaetica.it/la-trasparenza-sullexport-delle-armi-e-sulle-banche-armate-e-sotto-attacco-difendiamola/



Aderiscono alla mobilitazione:

Rete Italiana Pace Disarmo e tutte le organizzazioni aderenti: Accademia apuana della pace, ACLI, AGESCI, ALTROMERCATO, Ambasciata democrazia locale, Amici della mezza luna rossa palestinese, ANPI, ANSPS, AOI – Associazione di cooperazione e di solidarietà internazionale, Archivio Disarmo, ARCI, ARCI Bassa Val di Cecina, ARCI Servizio Civile aps, ARCS, Associazione Papa Giovanni XXIII, Associazione per la pace, AssopacePalestina, AUSER, Beati i costruttori di Pace, Casa per la pace di Modena, CDMPI – Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Centro Studi Difesa Civile, Centro Studi Sereno Regis, CGIL, CGIL Padova, CGIL Verona, CIPAX, CNCA, Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI, Comitato Pace e Disarmo di Volterra, Conferenza degli Istituti Missionari in Italia, Coordinamento Comasco per la Pace, Coordinamento pace in comune Milano, COSPE, Emmaus Italia, FIOM-Cgil, FOCSIV, Fondazione Angelo Frammartino, Fondazione Finanza Etica, Forum Trentino per la Pace e i diritti umani, Gruppo Abele, IPRI – rete CCP, IPSIA, Lega per i diritti dei popoli, Legambiente, Libera, Link – coordinamento universitario, Link2007 cooperazione in rete, Lunaria, Movimento europeo, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Movimento Nonviolento, Nexus Emilia Romagna, Noi Siamo Chiesa, Opal Brescia, Pax Christi Italia, Percorsi di pace, Rete degli studenti medi, Rete della conoscenza, Scuola di Pace “Vincenzo Buccelletti” di Senigallia, Servas Italia, Tavola sarda della pace, U.S.Acli, UDS, UDU, Un ponte per…, Ventiquattro marzo, Banca Etica; Oxfam; Movi.



THE WEAPON WATCH, Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, 2 Febbraio 2024

RESE PUBBLICHE LE EXTRAORDINARY RENDITIONS DELLA CIA, E IL VERGOGNOSO COINVOLGIMENTO EUROPEO

La scomparsa di Dick Marty, lo scorso 28 dicembre, ci dà l’occasione per ricordare il caso delle extraordinary renditions, caso la cui importanza storica è pari alla sua attualità politica. È stata infatti una vicenda gravissima, che mostrò alle opinioni pubbliche occidentali l’indebolimento dello stato di diritto di fronte alle esigenze della lotta contro il terrorismo. Ne è conseguito, tra l’altro, un grave deterioramento dell’immagine dell’Unione Europea quale spazio di libertà e giustizia nel benessere, nonché di protagonista nella costruzione concorde e pacifica di un mondo multipolare.

Quell’immagine si era già appannata dopo un decennio di guerre in Iugoslavia e le invasioni dell’Afghanistan (2001) e dell’Iraq (2003), con la decisa svolta della Nato verso l’interventismo militare e la proiezione globale. Ma quando divenne evidente la connivenza dei governi europei nell’uso sistematico della tortura, praticata in paesi noti per lo scarso rispetto dei diritti umani sotto la gestione della CIA, fu chiaro che l’Europa aveva imboccato una strada senza ritorno. Oggi ne vediamo in atto le perverse conseguenze, compresa l’applicazione del principio dei “due pesi e due misure” ovunque si accenda un focolaio di terza guerra mondiale, e principalmente riguardo al destino del popolo palestinese.

Dick Marty (1945-2023) iniziò la sua carriera come procuratore pubblico. Poiché nella Confederazione elvetica i magistrati inquirenti sono di nomina politica, non stupisce che i suoi meriti nella lotta contro il traffico di stupefacenti lo abbiano poi portato a un seggio nel parlamento cantonale del Ticino e quindi nell’Assemblea federale, nelle file del Partito radical-democratico. Tra 1998 e 2011 è nell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in rappresentanza della Svizzera, ed è in questo ruolo che partecipa a numerose inchieste internazionali, per ultima quella sul traffico di organi gestito dall’Esercito di liberazione del Kosovo, in conseguenza della quale ha dovuto vivere per parecchi mesi sotto protezione.

Qui vogliamo ricordarlo per essere stato il rapporteur al Consiglio d’Europa sul caso delle cosiddette “prigioni segrete della CIA”. Marty firmò un pre-rapporto nel gennaio 2006 e un rapporto finale, a sei mesi di distanza. Li pubblichiamo entrambi, scaricabili dal nostro sito, alla pagina REPORT.

Fu quella una stagione molto intensa di indagini e inchieste giornalistiche, che vide impegnati molti ricercatori indipendenti e uomini politici di provata vocazione alla verità, quale Marty stesso si è definito. Un’inchiesta giudiziaria su tutte contribuì a far cadere il velo del segreto sulla sequenza impressionante di azioni illegali alla base di ogni rapimento, deportazione e tortura di centinaia di sospetti terroristi: la Procura di Milano riuscì a ricostruire il caso del mullah Abu Omar, rapito per strada a Milano nel 2003, e ricomparso al Cairo dopo due anni di torture in un carcere segreto. Il processo che ne seguì, con la condanna dei ventitrè agenti della CIA che effettuarono il rapimento e organizzarono la “spedizione” insieme a due funzionari dei servizi italiani, svelò la rete delle connivenze politiche e delle pressioni USA per insabbiare le indagini.

Marty e Claudio Fava, che firmò un analogo rapporto per il parlamento europeo, si avvalsero tra l’altro di un’inchiesta di Amnesty International, pubblicata nell’aprile 2006 con il titolo USA: Below the radar: Secret flights to torture and ‘disappearance’, redatto con la collaborazione del centro di ricerca TransArms, e in particolare di Sergio Finardi.

THE WEAPON WATCH, Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, 26 Gennaio 2024:

Leonardo Spa è il primo produttore di armi nell’Unione Europea, il secondo in Europa, il 13° nel mondo (SIPRI).

Però non ama dare di sé un’immagine militarista e ‘muscolare’, preferisce collocarsi in un generico mercato ADS (aerospazio, difesa, sicurezza) e insistere sul proprio profilo ‘sostenibile’, sebbene fare armi significhi alimentare guerre, l’attività umana più distruttiva e senza dubbio insostenibile, per non parlare di quanto sia devastante sul piano energetico e ambientale.

Nei fatti, l’ex Finmeccanica ha perseguito negli scorsi decenni la dismissione di quasi tutti i settori produttivi civili, per dedicarsi al core business della guerra. Nell’ultimo bilancio del 2022 (pubblicato a fine marzo 2023) dichiara che realizza l’83% del proprio fatturato nel settore difesa, avendo quasi solo clienti governativi (88%). Non è neppure davvero un’azienda a capitale ‘italiano’: a parte la quota del 30,2% detenuta dal Ministero delle finanze, il 51,8% del capitale è nelle mani di investitori istituzionali (cioè banche, fondi d’investimento, fondi pensione) per la gran parte britannici e statunitensi.

Quanto Leonardo sia profondamente partecipe dei conflitti armati in corso, lo dimostra la forte connessione con il sistema militare-industriale di Israele. Prendiamo sempre dall’ultimo bilancio, laddove Leonardo definisce in sintesi il proprio profilo: «Leonardo è leader industriale e tecnologico del settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza, forte di una presenza industriale in Italia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Polonia e Israele». Israele non è solo un cliente, ma ospita stabilimenti e dipendenti di Leonardo.

La presenza diretta di Leonardo in Israele si deve a un’operazione conclusasi nel luglio 2022 con l’acquisizione della società israeliana RADA Electronic Industries, specializzata in radar per la difesa a corto raggio e anti-droni (vedi il comunicato della Campagna BDS Italia), e alla conseguente nascita della nuova società israeliana DRS RADA Technologies, che è – si noti – controllata da Leonardo DRS Inc. con sede negli Stati Uniti. Ha 248 dipendenti in tre sedi israeliane (uffici a Netanya, stabilimento principale a Beit She’an, centro ricerche presso il Gav-Yam Negev Tech Park di Beer Sheva), oltre ai nuovissimi uffici a Germantown, Maryland, ai margini dell’area metropolitana di Washington, D.C.

DRS RADA Technologies ha partecipato alla realizzazione di ‘Iron Fist’, un sistema di protezione attivo montato sui nuovi armoured fighting vehicles (AFV, mezzo corazzato da combattimento) delle Israel Defence Forces (IDF), gli ‘Eitan’ a otto ruote destinati a sostituire i vecchi M113. La prima consegna dei nuovi blindati è avvenuta nel maggio 2023, alla 933a Brigata ‘Nahal’, con previsione di effettivo impiego operativo nel corso del 2024. Tuttavia, l’attacco a sorpresa di Hamas, il 7 ottobre scorso, ha comportato un immediato utilizzo dei nuovi mezzi nella battaglia di Zikim, circa 3 km a nord della Striscia di Gaza, nei pressi di una base militare israeliana attaccata dai militanti palestinesi. Successivamente gli Eitan hanno partecipato all’invasione e alle operazioni militari di Gaza. D’ora in avanti, anche i nuovi blindati israeliani e i sistemi di protezione che montano – tra cui i radar tattici di DRS RADA, del gruppo Leonardo – potranno definirsi battle tested.

Non è questo il solo recente contributo di Leonardo alla guerra di Israele contro Gaza e la sua popolazione.

Secondo una tattica già utilizzata in altre precedenti invasioni di Gaza, l’avanzata delle truppe israeliane è accompagnata o seguita da giganteschi bulldozer blindati Caterpillar D9, che utilizzano un’impressionante potenza e un ragguardevole peso (450 HP per oltre 70 tonnellate, nell’ultima versione ‘T’) per il movimento terra, lo sminamento e per distruggere le abitazioni e le strutture palestinesi. Soprannominato in Israele ‘Doobi’ (‘orsacchiotto’), è una macchina temibile, al cui impiego si dovette tra l’altro la morte della militante nonviolenta statunitense Rachel Corrie (1979-2003), schiacciata da un bulldozer militare nei pressi del confine tra Gaza e l’Egitto mentre si opponeva alla distruzione di abitazioni palestinesi.

Anche i bulldozer blindati dell’esercito israeliano saranno dotati dei sistemi di protezione attiva e dei radar tattici di DRS RADA.

Inoltre, il gruppo Leonardo – tramite le società controllate negli Stati Uniti – supporta la mobilità dei mezzi pesanti delle IDF fornendo gli speciali carrelli a due assi capaci di un carico utile di 77 tonnellate, cioè più di quanto pesi un carro armato da combattimento Merkava (65 t) e il bulldozer corazzato ‘Doobi’ (70 t). Si tratta di un modello nuovo di heavy-duty tank trailer (HDTT) prodotto dalla DRS Sustainment Systems Inc., con sede a Bridgeton, Missouri, azienda del gruppo Leonardo.

Lo scorso 27 dicembre il Dipartimento della difesa USA ha annunciato l’assegnazione di un nuovo contratto alla DRS Sustainment Systems, per un valore di oltre 15 M di $. L’utilizzatore finale non sarà l’esercito americano, bensì quello di Israele, attraverso il meccanismo finanziario delle Foreign Military Sales (VEDI). In sostanza, Israele ha “bloccato” 15.375.000 $ sul conto del credito aperto dal governo americano per poter acquistare questi carrelli, che saranno fabbricati nello stabilimento Leonardo/DRS di West Plains, Missouri. L’ordine non lo specifica, ma potrebbe trattarsi di 70-75 esemplari di HDTT da fornire alle IDF entro l’anno 2026.

La DRS Sustainment Systems, del gruppo Leonardo, ha 7.500 dipendenti e fornisce HDTT alle forze armate di Israele almeno dal 2007, quando mise a punto un prototipo adatto alle esigenze dell’esercito insieme a un partner israeliano, Shladot Metal Works, un’azienda di Haifa che produce soprattutto veicoli militari leggeri e pesanti per le IDF. L’innovativo carrello ha solo due assi, e sta sostituendo i precedenti modelli a 3-4-5 assi di più costosa manutenzione.

THE WEAPON WATCH, Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterrane, 12 Gennaio 2024: 

Papa Francesco ha rifiutato la donazione di 1,5 milioni di euro all’ospedale del Bambin Gesù di Roma, perché proveniente da Leonardo Spa.

Leggiamo dai resoconti della stampa che la dirigenza di Leonardo ha replicato che «in tutti i teatri di guerra in corso, a partire dall’Ucraina e dal Medio Oriente, non c’è nessun sistema offensivo di nostra produzione».

Dobbiamo smentire l’azienda delle armi sotto controllo governativo: nella guerra di Israele contro la popolazione palestinese non solo sono presenti armi di Leonardo, ma queste sono state impiegate in azioni di bombardamento indiscriminate su aree urbane densamente abitate.

Su siti specializzati anche italiani è circolato un breve filmato attribuito alle Forze armate israeliane (IDF), in cui si mostrano navi da guerra al largo dalla costa di Gaza che sparano e colpiscono le aree urbane settentrionali della Striscia. Il bombardamento su aree abitate da popolazione civile è stato effettuato con cannoni navali super rapidi Oto Melara 76/62 Multi-Feeding da 76mm, costruiti nello stabilimento Leonardo (ex Oto Melara) della Spezia.

Tali cannoni sono stati consegnati alla Marina militare israeliana nella base navale di Haifa il 13 settembre 2022 con apposita cerimonia, e montati su due nuove corvette della Marina militare israeliana.

Le corvette impegnate nella loro prima azione in battaglia sono INS Magen INS Oz, le unità navali più grandi e più moderne della Marina militare israeliana.

Appartengono a una commessa di quattro corvette della classe Sa’ar-6, ordinate nel maggio 2015, costruite in Germania dai cantieri ThyssenKrupp e consegnate tra dicembre 2020 e maggio 2021. All’ordine, il costo di ciascuna era stimato di poco inferiore ai 600 milioni di dollari, sostenuto per due terzi dal governo israeliano e per un terzo da quello tedesco. La ragguardevole spesa era stata a suo tempo giustificata con la necessità di difendere i giacimenti di gas metano che Israele controlla nel Mediterraneo e che sono rivendicati dagli stati confinanti.

Ora sono state impiegate per la prima volta nella guerra interna contro i palestinesi di Gaza, occasione propizia per testare sistemi ed equipaggio, e potranno essere impiegate anche in azioni di guerra contro le postazioni di Hezbollah in Libano.

Ora sono state impiegate per la prima volta nella guerra interna contro i palestinesi di Gaza, occasione propizia per testare sistemi ed equipaggio, e potranno essere impiegate anche in azioni di guerra contro le postazioni di Hezbollah in Libano.

I cannoni Oto Melara 76/62 sono adottati da numerose marine militari nel mondo, tra cui dal 1969 da quella israeliana.

A seconda del tipo di munizionamento, hanno una gittata dai 20 km (munizioni convenzionali) ai 35 km (munizioni Vulcano guidate o non guidate), fino ai 50-70 km raggiunti dai missili antiaerei Barak-8 MR-SAM montati sulle nuove corvette.

Mentre stigmatizza la scelta dei portavoce di Leonardo di negare l’evidenza e persino la storia dell’azienda, l’osservatorio the Weapon Watch ribadisce il proprio impegno a rendere pubbliche le connivenze e gli interessi nascosti dalle aziende italiane più implicate nell’economia di guerra. Invita anche lavoratori e rappresentanti sindacali delle aziende Leonardo a prendere le distanze dalla politica commerciale del gruppo, oggi materialmente a sostegno di regimi autocratici e di paesi gravemente colpevoli di crimini di guerra e di violazioni ripetute del diritto internazionale.

Pordenone, 6 Febbraio 2024: la TAVOLA PER LA PACE FRIULI VENEZIA GIULIA ha inoltrato alla Procura una denuncia a carico del Prefetto di Pordenone, per aver omesso di rispondere alla richiesta d’informazione sui Piani di emergenza nucleare per la base di Aviano.

La denuncia fa seguito all’attesa di un anno, durante la quale Tavola Pace ha sollecitato più volte una risposta fino a giungere a una formale diffida, caduta nuovamente nel silenzio. Tavola Pace FVG è organo portatore di pubblico interesse che ha ottenuto nel 2007 i Piani di emergenza nucleare militare al porto di Trieste, in base al Decreto Legge 230/95.

Il 26 settembre 2022 veniva presentata al Prefetto di Pordenone una “Richiesta di Piani d’Emergenza in caso d’incidente nucleare alla base di Aviano” le cui motivazioni e contenuti sono stati ripresi dalla stampa. La richiesta era giustificata dal pericolo determinato dalla guerra in Ucraina, che potrebbe provocare una ritorsione Russa verso le basi nucleari di Ghedi (Brescia) e Aviano; pericolo reso assillante con lo scoppio della guerra in Palestina, dopo l’abbandono dei Trattati di prevenzione da parte delle potenze coinvolte.

Le massicce esercitazioni – anche di tipo nucleare – realizzate e in fieri da parte di Nato e Federazione Russa, destano preoccupazioni più che legittime in tutta la regione di Alpe Adria. Il Prefetto di Brescia ha ricevuto la delegazione dei richiedenti i Piani di emergenza allarmati per la mancanza di notizie sul rischio relativo alla base nucleare di Ghedi.

E’ nota la sostituzione in corso, a Ghedi e Aviano, delle bombe nucleari B61 “a caduta” con le B61–12 dotate di supporto missilistico, atte a penetrare nel terreno e la cui potenza può essere sia minore che maggiore, degli ordigni di Hiroshima e Nagasaki. Bombe il cui uso è adatto al campo di battaglia – anche il nostro – aumentando le possibilità di diventare bersaglio, di primo colpo o ritorsione.

Ricordiamo l’esplosione terroristica dei tank pieni di petrolio alla Siot di Trieste nel 1972. Uno studio diffuso alla Conferenza Onu sull’impatto umanitario delle armi nucleari di Vienna, indicò una ricaduta radioattiva (con venti prevalenti da sud) estesa fino alla Polonia, in caso di esplosione nucleare ad Aviano.

Considerate le guerre in corso, è palese la preoccupazione per la belligeranza non dichiarata UE e Italiana verso la Russia e il sostegno incondizionato del nostro Governo a Israele, che potrebbero renderci oggetto di attacco. Si consideri che Trieste è fra i porti a disposizione di navi da guerra a propulsione nucleare, in aperta violazione del Diritto internazionale sullo status disarmato e neutrale di Trieste. Numerosi incidenti hanno coinvolto navi e sottomarini muniti di testate nucleari.

In prossimità dell’anniversario dell’Olocausto provocato dagli Stati Uniti il 6 e 9 agosto 1945 in Giappone, è stata intrapresa ad Aviano e Trieste una protesta, per segnalare che l’informazione alla popolazione sul rischio nucleare dovuta per legge, viene negata.

Il segreto imposto per motivi di sicurezza, o in forza di segreto militare o di Stato, su notizie necessarie a una puntuale informazione, non può estendersi alla conoscenza dei nuovi Piani di emergenza nucleare militare dovuti in base alle Direttive europee e al Decreto Legge 101/2020, che aggiorna il DL 230/95; né all’informazione in favore di Enti locali e Popolazione sui rischi dovuti alla presenza di armi nucleari, con le misure di protezione in caso di incidente attentato o atto bellico che si dovessero verificare.

Tale richiesta al Prefetto di Pordenone è rimasta senza riscontro, mentre analoga richiesta al Commissario di Governo per la Provincia di Trieste, ha ottenuto sia pur tardivamente risposta. Scaduti i termini della diffida, il referente di Tavola Pace FVG Alessandro Capuzzo ha dato mandato all’avvocato Pierumberto Starace di far partire la denuncia, nel mentre l’onorevole Bonelli ha presentato un’interrogazione ai Ministri di Difesa ed Interno in Parlamento.


riferimenti di rete di articoli pubblicati circa l’argomento:

pressenzastoriastoriepn.itpordenonetoday

dichiarazione del vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi nazionale, su Avvenire di Mercoledì 7 Febbraio 2024

Sono preoccupato e indignato nel leggere le affermazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Giappone, lunedì scorso: «Il nuovo meccanismo di consultazione Esteri-Difesa si avvierà a marzo; sono state organizzate delle importanti esercitazioni congiunte, marittime e aeronautiche. L’Italia intende avere una presenza sempre più significativa e invierà ulteriori velivoli e ulteriori assetti navali: arriverà qui la nave Vespucci, arriverà la portaerei Cavour, arriveranno gli F35». Ma come? In un mondo dilaniato da guerre in aumento, l’Italia, invece di essere paladina di pace, invece di ripudiare la guerra come afferma l’articolo 11 della nostra Costituzione, si adopera in tutti i modi per alimentare ed esportare armi e guerre in tutto il mondo. E assistiamo anche al rilancio dei micidiali F35, cacciabombardieri predisposti al trasporto di bombe nucleari.

Già nel gennaio 2007, in un comunicato stampa a firma del presidente di Pax Christi, monsingor Valentinetti, e di monsignor Charrier, delegato per la Pastorale sociale della Conferenza episcopale piemontese, si diceva: «Desideriamo riaffermare, come comunità cristiana, la necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra. Ci riferiamo, in particolare, alla problematica sorta recentemente sul nostro territorio piemontese relativa all’avvio dell’assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri (Novara)». L’enciclica di Paolo VI Populorum Progressio del 1967, al n. 53 ribadiva: «Quando tanti popoli hanno fame,… ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi». Sono passati tanti anni, e la situazione è peggiorata.

Abbiamo anche il ministro Crosetto, il quale afferma che abbiamo bisogno di riservisti e di nuovi investimenti per le armi. Tutto questo è “pazzia e follia” ( alienum est a ratione). Come Pax Christi – insieme ad altri movimenti e reti – abbiamo condannato la vendita di armi italiane all’Arabia Saudita e anche a Israele. Ma è un nostro “ottimo cliente” in materia di acquisto di armi. No, io questo non lo posso accettare, come uomo, come presidente di un movimento che si chiama Pax Christi e come vescovo (al termine del mio ministero episcopale nella diocesi di Altamura- Gravina-Acquaviva delle Fonti). E, sia chiaro: queste cose le abbiamo dette con nettezza anche ai Governi precedenti. Io personalmente ho incontrato il Ministro Guerini, nell’agosto 2020, per dirgli queste cose. Il ripudio della guerra deve diventare impegno prioritario della politica. E impegno di ogni donna e uomo, in particolare per i credenti che hanno come riferimento Cristo nostra pace, per essere non “spettatori” ma “costruttori” e “artigiani” di pace.

Giovanni Ricchiuti, Amministratore apostolico di Altamura-Gravina-Acquaviva – Presidente di Pax Christi Italia

riferimento di rete circa la pubblicazione dell’articolo su Avvenire

“Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli.”

(Francesco, Dal Vaticano, 8 Dicembre 2023)

MESSAGGIO Di SUA SANTITA’ PAPA FRANCESCO PER LA LVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE   –  I° GENNAIO 2024

Intelligenza artificiale e pace

All’inizio del nuovo anno, tempo di grazia che il Signore dona a ciascuno di noi, vorrei rivolgermi al Popolo di Dio, alle nazioni, ai Capi di Stato e di Governo, ai Rappresentanti delle diverse religioni e della società civile, a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo per porgere i miei auguri di pace.

1. Il progresso della scienza e della tecnologia come via verso la pace

La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano «saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro» (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26) e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo.

Nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes, il Concilio Vaticano II ha ribadito questa verità, dichiarando che «col suo lavoro e col suo ingegno l’uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita» [1]. Quando gli esseri umani, «con l’aiuto della tecnica», si sforzano affinchè la terra «diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana» [2], agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo.

Giustamente ci rallegriamo e siamo riconoscenti per le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia, grazie alle quali si è posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano la vita umana e causavano grandi sofferenze. Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune [3].

I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli. È pertanto necessario porsi alcune domande urgenti. Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?

2. Il futuro dell’intelligenza artificiale tra promesse e rischi

I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni hanno già iniziato a produrre profonde trasformazioni nella società globale e nelle sue dinamiche. I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.

Inoltre, le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta. Infatti, in uno spazio come il web, caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, possono strutturare il flusso di dati secondo criteri di selezione non sempre percepiti dall’utente.

Dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali» [4], ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi.

Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale. Di essa, ad oggi, non esiste una definizione univoca nel mondo della scienza e della tecnologia. Il termine stesso, ormai entrato nel linguaggio comune, abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani. Parlare al plurale di “forme di intelligenza” può aiutare a sottolineare soprattutto il divario incolmabile che esiste tra questi sistemi, per quanto sorprendenti e potenti, e la persona umana: essi sono, in ultima analisi, “frammentari”, nel senso che possono solo imitare o riprodurre alcune funzioni dell’intelligenza umana. L’uso del plurale evidenzia inoltre che questi dispositivi, molto diversi tra loro, vanno sempre considerati come “sistemi socio-tecnici”. Infatti il loro impatto, al di là della tecnologia di base, dipende non solo dalla progettazione, ma anche dagli obiettivi e dagli interessi di chi li possiede e di chi li sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegati.

L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità» [5].

Non è sufficiente nemmeno presumere, da parte di chi progetta algoritmi e tecnologie digitali, un impegno ad agire in modo etico e responsabile. Occorre rafforzare o, se necessario, istituire organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati [6].

L’immensa espansione della tecnologia deve quindi essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo. La libertà e la convivenza pacifica sono minacciate quando gli esseri umani cedono alla tentazione dell’egoismo, dell’interesse personale, della brama di profitto e della sete di potere. Abbiamo perciò il dovere di allargare lo sguardo e di orientare la ricerca tecnico-scientifica al perseguimento della pace e del bene comune, al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità [7].

La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso [8].

L’intelligenza artificiale diventerà sempre più importante. Le sfide che pone sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Promette, ad esempio, un risparmio di fatiche, una produzione più efficiente, trasporti più agevoli e mercati più dinamici, oltre a una rivoluzione nei processi di raccolta, organizzazione e verifica dei dati. Occorre essere consapevoli delle rapide trasformazioni in atto e gestirle in modo da salvaguardare i diritti umani fondamentali, rispettando le istituzioni e le leggi che promuovono lo sviluppo umano integrale. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere al servizio del migliore potenziale umano e delle nostre più alte aspirazioni, non in competizione con essi.

3. La tecnologia del futuro: macchine che imparano da sole

Nelle sue molteplici forme l’intelligenza artificiale, basata su tecniche di apprendimento automatico (machine learning), pur essendo ancora in fase pionieristica, sta già introducendo notevoli cambiamenti nel tessuto delle società, esercitando una profonda influenza sulle culture, sui comportamenti sociali e sulla costruzione della pace.

Sviluppi come il machine learning o come l’apprendimento profondo (deep learning) sollevano questioni che trascendono gli ambiti della tecnologia e dell’ingegneria e hanno a che fare con una comprensione strettamente connessa al significato della vita umana, ai processi basilari della conoscenza e alla capacità della mente di raggiungere la verità.

L’abilità di alcuni dispositivi nel produrre testi sintatticamente e semanticamente coerenti, ad esempio, non è garanzia di affidabilità. Si dice che possano “allucinare”, cioè generare affermazioni che a prima vista sembrano plausibili, ma che in realtà sono infondate o tradiscono pregiudizi. Questo pone un serio problema quando l’intelligenza artificiale viene impiegata in campagne di disinformazione che diffondono notizie false e portano a una crescente sfiducia nei confronti dei mezzi di comunicazione. La riservatezza, il possesso dei dati e la proprietà intellettuale sono altri ambiti in cui le tecnologie in questione comportano gravi rischi, a cui si aggiungono ulteriori conseguenze negative legate a un loro uso improprio, come la discriminazione, l’interferenza nei processi elettorali, il prendere piede di una società che sorveglia e controlla le persone, l’esclusione digitale e l’inasprimento di un individualismo sempre più scollegato dalla collettività. Tutti questi fattori rischiano di alimentare i conflitti e di ostacolare la pace.

4. Il senso del limite nel paradigma tecnocratico

Il nostro mondo è troppo vasto, vario e complesso per essere completamente conosciuto e classificato. La mente umana non potrà mai esaurirne la ricchezza, nemmeno con l’aiuto degli algoritmi più avanzati. Questi, infatti, non offrono previsioni garantite del futuro, ma solo approssimazioni statistiche. Non tutto può essere pronosticato, non tutto può essere calcolato; alla fine «la realtà è superiore all’idea» [9]e, per quanto prodigiosa possa essere la nostra capacità di calcolo, ci sarà sempre un residuo inaccessibile che sfugge a qualsiasi tentativo di misurazione.

Inoltre, la grande quantità di dati analizzati dalle intelligenze artificiali non è di per sé garanzia di imparzialità. Quando gli algoritmi estrapolano informazioni, corrono sempre il rischio di distorcerle, replicando le ingiustizie e i pregiudizi degli ambienti in cui esse hanno origine. Più diventano veloci e complessi, più è difficile comprendere perché abbiano prodotto un determinato risultato.

Le macchine “intelligenti” possono svolgere i compiti loro assegnati con sempre maggiore efficienza, ma lo scopo e il significato delle loro operazioni continueranno a essere determinati o abilitati da esseri umani in possesso di un proprio universo di valori. Il rischio è che i criteri alla base di certe scelte diventino meno chiari, che la responsabilità decisionale venga nascosta e che i produttori possano sottrarsi all’obbligo di agire per il bene della comunità. In un certo senso, ciò è favorito dal sistema tecnocratico, che allea l’economia con la tecnologia e privilegia il criterio dell’efficienza, tendendo a ignorare tutto ciò che non è legato ai suoi interessi immediati [10].

Questo deve farci riflettere su un aspetto tanto spesso trascurato nella mentalità attuale, tecnocratica ed efficientista, quanto decisivo per lo sviluppo personale e sociale: il “senso del limite”. L’essere umano, infatti, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica. Riconoscere e accettare il proprio limite di creatura è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire, o meglio, accogliere in dono la pienezza. Invece, nel contesto ideologico di un paradigma tecnocratico, animato da una prometeica presunzione di autosufficienza, le disuguaglianze potrebbero crescere a dismisura, e la conoscenza e la ricchezza accumularsi nelle mani di pochi, con gravi rischi per le società democratiche e la coesistenza pacifica [11].

5. Temi scottanti per l’etica

In futuro, l’affidabilità di chi richiede un mutuo, l’idoneità di un individuo ad un lavoro, la possibilità di recidiva di un condannato o il diritto a ricevere asilo politico o assistenza sociale potrebbero essere determinati da sistemi di intelligenza artificiale. La mancanza di diversificati livelli di mediazione che questi sistemi introducono è particolarmente esposta a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e proprie forme di disuguaglianza sociale.

Talvolta, inoltre, le forme di intelligenza artificiale sembrano in grado di influenzare le decisioni degli individui attraverso opzioni predeterminate associate a stimoli e dissuasioni, oppure mediante sistemi di regolazione delle scelte personali basati sull’organizzazione delle informazioni. Queste forme di manipolazione o di controllo sociale richiedono un’attenzione e una supervisione accurate, e implicano una chiara responsabilità legale da parte dei produttori, di chi le impiega e delle autorità governative.

L’affidamento a processi automatici che categorizzano gli individui, ad esempio attraverso l’uso pervasivo della vigilanza o l’adozione di sistemi di credito sociale, potrebbe avere ripercussioni profonde anche sul tessuto civile, stabilendo improprie graduatorie tra i cittadini. E questi processi artificiali di classificazione potrebbero portare anche a conflitti di potere, non riguardando solo destinatari virtuali, ma persone in carne ed ossa. Il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato.

In questo contesto non possiamo fare a meno di considerare l’impatto delle nuove tecnologiein ambito lavorativo: mansioni che un tempo erano appannaggio esclusivo della manodopera umana vengono rapidamente assorbite dalle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale. Anche in questo caso, c’è il rischio sostanziale di un vantaggio sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti. Il rispetto della dignità dei lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere economico delle persone, delle famiglie e delle società, la sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari dovrebbero costituire un’alta priorità per la Comunità internazionale, mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più profondamente nei luoghi di lavoro.

6.Trasformeremo le spade in vomeri?

In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma.

Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più “artificiale”. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace.

In un’ottica più positiva, se l’intelligenza artificiale fosse utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale, potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale. In definitiva, il modo in cui la utilizziamo per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità.

Uno sguardo umano e il desiderio di un futuro migliore per il nostro mondo portano alla necessità di un dialogo interdisciplinare finalizzato a uno sviluppo etico degli algoritmi – l’algor-etica –, in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie [12]. Le questioni etiche dovrebbero essere tenute in considerazione fin dall’inizio della ricerca, così come nelle fasi di sperimentazione, progettazione, produzione, distribuzione e commercializzazione. Questo è l’approccio dell’etica della progettazione, in cui le istituzioni educative e i responsabili del processo decisionale hanno un ruolo essenziale da svolgere.

7. Sfide per l’educazione

Lo sviluppo di una tecnologia che rispetti e serva la dignità umana ha chiare implicazioni per le istituzioni educative e per il mondo della cultura. Moltiplicando le possibilità di comunicazione, le tecnologie digitali hanno permesso di incontrarsi in modi nuovi. Tuttavia, rimane la necessità di una riflessione continua sul tipo di relazioni a cui ci stanno indirizzando. I giovani stanno crescendo in ambienti culturali pervasi dalla tecnologia e questo non può non mettere in discussione i metodi di insegnamento e formazione.

L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia.

La formazione all’uso dei nuovi strumenti di comunicazione dovrebbe tenere conto non solo della disinformazione, delle fake news, ma anche dell’inquietante recrudescenza di «paure ancestrali […] che hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie» [13]. Purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover combattere “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente” [14]e lo sviluppo di una coesistenza pacifica e fraterna.

8. Sfide per lo sviluppo del diritto internazionale

La portata globale dell’intelligenza artificiale rende evidente che, accanto alla responsabilità degli Stati sovrani di disciplinarne l’uso al proprio interno, le Organizzazioni internazionali possono svolgere un ruolo decisivo nel raggiungere accordi multilaterali e nel coordinarne l’applicazione e l’attuazione [15]. A tale proposito, esorto la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme. L’obiettivo della regolamentazione, naturalmente, non dovrebbe essere solo la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche, stimolando approcci nuovi e creativi e facilitando iniziative personali e collettive [16].

In definitiva, nella ricerca di modelli normativi che possano fornire una guida etica agli sviluppatori di tecnologie digitali, è indispensabile identificare i valori umani che dovrebbero essere alla base dell’impegno delle società per formulare, adottare e applicare necessari quadri legislativi. Il lavoro di redazione di linee guida etiche per la produzione di forme di intelligenza artificiale non può prescindere dalla considerazione di questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace. Questo processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano. Per questo motivo, nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali.

* * *

Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli.
La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico.

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2023

FRANCESCO


[1]  N. 33.

[2]  Ibid., 57.

[3] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 104.

[4] Cfr ibid., 114.

[5]  Udienza ai partecipanti all’Incontro “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023).

[6] Cfr ibid.

[7] Cfr Messaggio al Presidente Esecutivo del “World Economic Forum” a Davos-Klosters (12 gennaio 2018).

[8] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 194; Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” (27 settembre 2019).

[9] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 233.

[10] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 54.

[11] Cfr Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020).

[12] Cfr ibid.

[13] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 27.

[14] Cfr ibid.

[15] Cfr ibid., 170-175.

[16] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 177.

Copyright © Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana

leggi anche il documento nella sua pubblicazione ufficiale del Vaticano


Documento Operativo Gorizia
Promozione di buone pratiche di Intelligenza Artificiale per la pace

Introduzione L’obiettivo principale di questo documento operativo è promuovere l’utilizzo responsabile e critico dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel contesto del movimento pacifista. La nostra missione è quella di padroneggiare e utilizzare le potenzialità dell’IA (intelligenza artificiale) a vantaggio della pace, della comunicazione e dell’informazione, mentre ci opponiamo a pratiche dannose e opache.

  1. Formazione all’uso critico dell’Intelligenza Artificiale
    Promuoviamo la creazione di programmi formativi che elaborino un utilizzo critico
    dell’IA, incoraggiando la comprensione delle sue implicazioni etiche e sociali. Tale
    formazione dovrebbe coinvolgere attivamente il movimento pacifista e la società
    civile.
  2. Comunità di pratica sull’IA per il Movimento Pacifista
    Favoriamo la creazione di una “comunità di pratica” dedicata all’IA, esplorando le sue
    potenzialità e promuovendo buone pratiche specifiche per il movimento pacifista.
    Ciò include strategie per potenziare la comunicazione del movimento per la pace e
    migliorarne i flussi informativi in modo da poter competere tramite l’IA con gli uffici
    stampa tradizionali delle organizzazioni e delle istituzioni che promuovono la guerra,
    il riarmo e la militarizzazione.
  3. Potenziamento delle capacità di comunicazione internazionale per la pace
    Occorre utilizzare l’IA per migliorare la comunicazione internazionale tra gruppi
    pacifisti di diverse nazioni, soprattutto in aree di conflitto. Questo sforzo dovrebbe
    concentrarsi sulla traduzione automatica e sulla facilitazione del dialogo.
  4. Formazione all’IA nelle scuole
    E’ necessario promuovere programmi educativi che integrino l’insegnamento dell’IA
    nelle scuole, incoraggiando un utilizzo critico e responsabile. Questo contribuirà a
    migliorare la qualità dell’istruzione, in linea con l’obiettivo 4 dell’Agenda ONU 2030.
    L’IA dovrà essere analizzata alla luce del pensiero critico, valutandone limiti e
    potenzialità, al di là di ogni pensiero magico. La tendenza da combattere sarà quella
    della delega all’IA e della conseguente crescita della pigrizia intellettuale. La scuola
    dovrà diventare il luogo di sorveglianza critica dell’IA, in che non può avvenire senza
    il suo uso. Il rischio che si prospetta è quello della caduta verticale delle capacità
    critiche collettive e di problem solving le quali rischiano di essere sostituite in futuro
    dalle valutazioni dell’IA. Viceversa l’IA potrà essere usata nelle scuole per aiutare il
    sostegno e il tutoraggio degli studenti in difficoltà, sfruttandone il carattere
    interattivo, la potenzialità di semplificazione dei testi e di incremento delle occasioni
    per fare esercizi di verifica. Il tutto sempre sotto la supervisione dei docenti, anche
    alla luce delle imperfezioni dell’IA che commette errori. La questione della fallibilità
    dell’IA richiedono un incremento delle competenze di verifica umana e costitusce
    una sfida educativa molto interessante per la scuola e per la formazione delle
    competenze di cittadinanza. Tutto questo richiederà un percorso importante di
    formazione dei docenti a tutti i livelli.
  5. Iniziativa Europea per la Regolamentazione dell’IA
    E’ importante sostenere l’adozione di regolamentazioni europee che difendano i
    diritti dei cittadini, promuovendo l’accesso libero alla cultura. L’Europa deve investire
    in alternative sicure e trasparenti, opponendosi all’IA pericolosa. Vanno sostenuti
    sistemi di IA basati su software libero, garantendo la partecipazione di tutti al
    processo evolutivo, rendendo trasparente la costruzione degli algoritmi e il loro
    addestramento.

Considerazioni finali
● Critica sociale ai sistemi proprietari di IA: sottolineiamo la nostra critica ai
sistemi proprietari di IA intesi come “scatole nere” non verificabili. Allo stesso
tempo, riconosciamo la necessità di utilizzare gli attuali sistemi di IA per
comprendere e criticare l’IA stessa.
● Comprensione critica dell’IA: la nostra comprensione critica dell’IA deve
avvenire attraverso l’uso consapevole di tali sistemi, piegandoli ai nostri fini e
imparando dagli eventuali errori. Questo approccio è essenziale per
influenzare positivamente lo sviluppo futuro dell’IA.
In conclusione, la promozione di buone pratiche di Intelligenza Artificiale per la pace
richiede un impegno attivo, una formazione consapevole e una collaborazione
internazionale, al fine di massimizzare i benefici dell’IA per il movimento pacifista e la
società nel suo complesso.

La scomoda domanda viene posta da Sergio Zanchini al vescovo Vincenzo Paglia e al giornalista Domenico Quirico, rispettivamente conduttore ed ospiti della puntata di “Quante Storie” trasmessa Martedì 12 Dicembre 2023.

Sergio Zanchini prende spunto dal titolo dell’articolo su “La Stampa” datato 10 Dicembre 2023 di Niccolò Carratelli sulla marcia Perugia-Assisi e non interroga soltanto gli ospiti della trasmissione ma tutti noi.

Domanda scomoda a cui seguono risposte scomode, come è scomodo per i “vecchi” ammettere che il mondo è cambiato e che il proprio parlare e agire è ormai superato ed inadeguato.

Quirico va giù duro con i veterani della pace; sostiene che il mondo è cambiato; le guerre sono cambiate… Non servono a niente le marce, gli striscioni, i cori dei bambini e la colomba disegnata da famosi artisti. Il pacifismo deve imparare dal nemico i modi di comportamento: dev’essere più radicale, determinato; i pacifisti si informino e dicano nomi, cognomi e cifre di chi e di quanto guadagna dalla politica e dalla finanza armata.

Voi cosa ne pensate? Seguite il video della trasmissione e parliamone: https://www.youtube.com/watch?v=fi1lgB9hD0s

A compendio del dibattito riportato sopra, è interessante il libro di Vincenzo Paglia e Domenico Quirico
Nella mattina di Mercoledì 6 Dicembre a Colleretto Giacosa l’ “A Dio” di tanti amici a Pier Giorgio.
Il vescovo di Ivrea, Edoardo Aldo Cerrato, amico di Pier Giorgio fin dal convitto studentesco degli anni ’70 in quei di Biella, ha avuto parole di affetto e di ammirazione per questo piccolo uomo di fronte gli uomini ma grande anima davanti a Dio.
L’amica Paola Gamba, già sindaca di Colleretto Giacosa
Gustavo Gnavi saluta Pier Giorgio a nome di Pax Christi Ivrea
Ciao, Pier Giorgio…

<<Giorgio era prima di tutto un buon amico. Una persona mite, gentile, di rara sensibilità. determinato, con le idee chiare (a volte visionario) e instancabile. Una persona presente e sulla quale poter sempre contare. Un grande dono!

Era un uomo onesto e giusto. Con un profondo senso delle istituzioni, di civismo e dell’impegno politico: consapevole del valore di farvi parte. Convinto che esserci e partecipare avrebbe fatto la differenza.

e per questo lui decise di essere presente. Lo fece con la mia amministrazione, impegnandosi per ben dieci anni (dal 2009 al 2019) ne consiglio comunale di Colleretto Giacosa. I primi cinque anni come assessore e poi come consigliere comunale ricoprendo sempre il proprio ruolo in modo responsabile, disponibile, dimostrando grande attenzione nei confronti di temi e argomenti a lui più cari come i temi ambientali, le tecnologie e la cultura. Giorgio non fece l’assessore e il consigliere per finta: cioè solo alzando la mano. No! Lo fece in modo consapevole. Come era solito fare lui. Entrando nel merito delle cose. Discutendo. Partecipando. Dicendo la sua. A volte esprimendo posizioni differenti ma soprattutto stimolandoci, inducendomi come Sindaca e come amministratori ad andare avanti. Con determinazione anche sulle visioni di lungo periodo. Mai banale. Mai supino. Anzi, spingendo a essere migliori, giusti e a crescere.

Penso (sin dalla sua costituzione) abbia fatto parte del Gruppo di Protezione Civile continuando sempre a garantire la sua disponibilità al gruppo di cui ne è ancora parte.

Era un cooperatore che si riconosceva nei valori e nei principi dell’Eguaglianza, dell’Equità, della Solidarietà. Fermamente convinto che una serie di Enti / Organismi meglio avrebbero funzionato se gestiti, governati, stimolati e controllati dai cittadini in quanto soci. Per questo, in questi anni, si è sempre speso in prima persona per realtà associative presenti in Canavese come la nostra Cooperativa di consumo di Colleretto, AEG Coop e la Coop di Cuorgnè.

Le frequentazioni, le passioni comuni, i valori politici e sociali condivisi (e quindi non è stata una questione solo di tempo) ci ha fatti diventare buoni amici. Con Giorgio (e altre persone) ho e abbiamo condiviso molto e anche in modo gioioso e intenso. Forse e anche con un senso di attenzione e di protezione nei suoi confronti che era il nostro modo di volergli bene. Un’amicizia vera, profonda anche se riservata e reciprocamente rispettosa come lo era lui.

Mi piace come l’ha ricordato e descritto Giacomo Bottino. Un uomo sorridente e premuroso, eppur animato da una curiosità giudiziosa e una tensione inesauribile per le cose della vita e della cultura. C’era in lui un tratto del Marcovaldo di Calvino, una di quelle poche anime sensibili che sanno percepire come “doni in consueti i pollini di fiore d’altre terre”. Sono quelli come Giorgio a rendere la terra più lieve.

Per me e per molti altri di noi resterà per sempre: Nostro Giorgio. >>

Paola Gamba, già sindaca di Colleretto Giacosa.


<<Ricordare Piergiorgio non è facile perché era un tipo speciale che a volte ti lasciava sorpreso e sconcertato.

Era una persona semplice, che viveva in un mondo tutto suo. Ciò che per gli altri era importante per lui non lo era. Ciò che interessava gli altri per lui era secondario e se gli davi qualche consiglio diceva di sì, ti dava ragione  ma capivi che lo faceva per non contraddirti e tutto restava come prima.

Era una persona umile, sempre presente e  disponibile ma non ingombrante. Mai  in prima fila, se non nelle marce della pace, sempre attento a  cogliere le necessità degli altri.

Era una persona intelligente. Quando andavi a casa sua aveva sempre il televisore acceso  per seguire programmi di storia, di attualità, telegiornali e dibattiti di ogni genere e quando interveniva  capivi che era sempre informato e che parlava con cognizione.

Era un sognatore. Sognava la pace e se a volte si arrabbiava era proprio perché i governanti nazionali e internazionali non si impegnavano a fondo per ottenerla. E quando lo mettevi di fronte alla realtà e si rendeva conto che questa era diversa dai suoi sogni, stava zitto ma i suoi occhi esprimevano tristezza e sconforto e chiedeva: “ma allora non ci sarà mai la pace?”.

Era un uomo di pace, della pace di Cristo,  ma direi meglio di Pax Christi. Quanti passi ha percorso nelle marce della pace, anche con la sua cara mamma.  A quanti incontri, convegni, assemblee ha partecipato. Conosciuto da tutti, ogni tanto partiva in quarta per parlare con qualcuno, per esprimere i suoi pensieri di pace per condividere la sua idea di pace. Ed era un grande ammiratore di mons. Bettazzi  e se a qualche incontro non c’era il vescovo Luigi fra i relatori, diceva seccato : qui ci voleva Bettazzi.

E ora, a pochi mesi di distanza Piergiorgio ha raggiunto il suo amato vescovo e da lassù potranno assieme dare una mano a tutti noi.  Ricordati  Piergiorgio in  particolare di tuo nipote impegnato a lottare con la malattia, di tuo fratello e di tua cognata. Ricordati di tutti gli abitanti di Colleretto,  e di quelli che ti sono stati vicini in questi ultimi giorni. Ricordati della nostra diocesi e del suo vescovo Edoardo che ti era molto caro, e infine ricordati di Pax Christi, di tutti i Punti Pace ma in particolare di quello di Ivrea che hai seguito per tanti anni. Ispiraci idee nuove e fa che abbiamo sempre la volontà e la forza di concretizzarle.

A Dio Piergiorgio, a Dio…>>

Gustavo Gnavi a nome di Pax Christi Ivrea  


Pax Christi Ivrea ringrazia la giornalista Maria Di Poppa per aver dedicato questo bell’articolo sul nostro Pier Giorgio a pag. 14 de LA VOCE di Martedì 5 Dicembre 2023

Ci hai lasciati in maniera repentina, senza che potessimo prepararci a salutarti; senza che ti dessimo modo di farti capire come tu fossi importante per noi, per Pax Christi…

Ora sia premiata la tua ansia di pace e di giustizia.

Riposa, ora, perchè oggi sei stato invitato alla manifestazione più bella e più vera, nella quale la pace e la giustizia non sono più un obiettivo e una fatica ma l’eterno presente.

Caro Pier Giorgio, caro vescovo Luigi,

a noi piace pensarvi riuniti come in queste foto;

credenti o no, l’affetto che abbiamo nutrito per voi

non si rassegna alla morte come fine

di tutto quello che siete stati per noi in vita,

ciascuno di voi nel proprio specifico modo;

l’autorevolezza mai prepotente del vescovo Luigi,

l’obbedienza mai supina di Pier Giorgio

ci vengono oggi consegnate insieme, indivise,

come testamento spirituale

sarete sempre con noi,

sarete sempre per noi Pax Christi Ivrea

Nella sua Ivrea ma non soltanto, per i credenti e per i più distanti dai banchi di chiesa, l’affetto e l’ammirazione a questo testimone del Concilio, del dialogo e della pace in questi giorni si sta concretizzano tramite varie manifestazioni.

PAX CHRISTI RINGRAZIA Amici della Storia e delle Arti Canavesane e La memoria viva PER RICORDARE IL VESCOVO LUIGI BETTAZZI CON QUESTO BELLISSIMO VIDEO https://fb.watch/oCT74_aycT/

riportiamo l’introduzione integrale fatta dagli organizzatori del video:

𝗟𝗨𝗜𝗚𝗜 𝗕𝗘𝗧𝗧𝗔𝗭𝗭𝗜, cento anni di dialogo tra cielo e terra.

26.11.1923 Nasceva oggi Luigi Bettazzi.

26.11.2023 Nel giorno in cui avrebbe compiuto 100 anni, lo vogliamo ricordare cosi – un duplice omaggio – uno attraverso l’articolo dell’amico Luca Rolandi che ne ripercorre alcuni momenti della sua vita, l’altro attraverso un video in cui abbiamo raccolto alcune vostre fotografie pubblicate su facebook, un video con all’interno un’intervista tutta d’ascoltare – questo è il nostro personale ricordo di chi ha vissuto una vita tra di Noi e per Noi.

Difficile dire di mons. Luigi Bettazzi, vescovo cattolico e ultimo sopravvissuto del Concilio Vaticano II.

Chi muore a cento anni o quasi ha vissuto talmente tanto che è quasi impossibile mettere insieme i puzzle di un mosaico composito e ricchissimo.

Inoltre Luigi Bettazzi, ribattezzato dai suoi avversari il vescovo rosso, e dai suoi amici il pastore della pace e del dialogo è stato qualcosa di più, molto di più di prete e di un vescovo.

E’ stato un compagno di strada, mai giudicante, mai arrogante, sempre attendo alla persona.

Nato a Treviso il 26 novembre 1923 (100 anni oggi), si trasferì da ragazzo a Bologna, città di origine della madre.

Nel 1946 fu ordinato presbitero nella basilica di San Domenico dal cardinale Giovanni Battista Nasali Rocca di Corneliano.

Si laureò in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e poi in filosofia all’Alma Mater di Bologna.

Il 10 agosto 1963 papa Paolo VI lo nominò vescovo titolare di Tagaste e vescovo ausiliare di Bologna.

Il 4 ottobre ricevette l’ordinazione episcopale, nella basilica di San Petronio a Bologna, dal cardinale Giacomo Lercaro.

Partecipò a tre sessioni del Concilio Vaticano II.

Dopo il Concilio venne nominato vescovo d’Ivrea, dove avrebbe iniziato il suo ministero all’inizio del 1967.

Nel 1968 divenne presidente nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace e nel 1978 ne diventò presidente internazionale.

Nel 1985 vinse il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace.

Fu una delle figure di riferimento per il dialogo con i non credenti e per il movimento pacifista.

Nel 1992 partecipò alla marcia organizzata dai Beati costruttori di pace mentre era in corso la guerra civile in Bosnia ed Erzegovina.

Nel 2007 si dichiarò favorevole al riconoscimento delle unioni civili, sempre controcorrente ma fedele al vangelo Bettazzi è stato pastore, comunicatore, scrittore, animatore di ogni progetto che mettesse al centro l’umano e la sua dignità, senza steccati, divisioni, ma anzi esaltando le differenze di cultura, di religione, di pensiero.

Il suo nome rimane nella storia per tante ragioni, compresa quella di essere, vescovo capace di comunicare in autonomia e con coraggio anche nell’epoca di Ruini e di una Cei blindata su temi di cronaca politica.

Temi di scienza, cultura ed economia gli erano cari come la capacità di dialogo che ogni volta cambiava interlocutore, seguendo i segni dei tempi che rimandavano all’intuizione concliare di Giovanni XXIII.

Negli anni Settanta irruppe sulla scena, dove era già noto per il suo impegno per l pace e contro tutte le guerre, scrivendo una lettera aperta al segretario del Partito Comunista Berlinguer, che rispose.

Il carteggio Bettazzi/ Berlinguer è una pietra miliare del dialogo tra cattolici e comunisti, una sorta di testo sacro della generazione di cattolici che ha costruito un ponte verso il superamento della Dc, la fine dell’unità politica dei cattolici, il centrosinistra.

Luca Rolandi, per Gazzetta Torino

Effe Ti, per l’elaborazione del video.

Bettazzi in dialogo con La Memoria Viva .


locandina preparata dalla Diocesi di Ivrea in ricordo del compleanno del suo vescovo emerito recentemente scomparso.
Il mercatino fa seguito alle disposizioni di mons. Bettazzi: desiderava che i ricordi dei suoi viaggi e del suo impegno per la Pace non restassero cose morte ma, attraverso una semplice asta popolare, dessero vita alle attività di Pax Christi in Italia e sostentassero la sede ufficiale di questo movimento, la Casa della Pace sita in Toscana, ad Impruneta.

Locandina di “UNA CHIESA A PIU’ VOCI” che ci invita a RONCO DI COSSATO BIELLESE, parrocchia dove mons. Bettazzi fu più volte ospite ed ascoltato nelle serate organizzate dal parroco ed amico Mario Marchiori

UNA CHIESA A PIU’ VOCI, serata per ricordare il vescovo Luigi.

Una serata familiare, di semplice incontro tra sorelle e fratelli, come ha detto il vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale di Pax Christi, nella consapevolezza che tocca a noi, ora, saper afferrare saldamente la staffetta dei valori più belli e più giusti che testimoni credibili come Tonino Bello e Luigi Bettazzi hanno saputo passarci molto bene.

Giuliana Bonino, poi, con dovizia di aneddoti e di memorie storiche sia sulla vita diocesana di Ivrea sia di Pax Christi, ha ricordato l’amore che il vescovo Luigi ebbe per la laicità e per i laici; per come considerasse costruttive le provocazioni che provenivano dalle persone comuni. Amore e consapevolezza del popolo di Dio che venivano dal Concilio Vaticano Ecumenico secondo a cui Bettazzi partecipò in prima persona. Giuliana ha voluto condividere con i presenti come il compianto vescovo visse gli ultimi istanti di vita terrena.

questa foto che da sinistra a destra ritrae il vescovo di Biella Roberto Farinella, il vescovo Luigi Bettazzi e il parroco di Ronco di Cossato Mario Marchiori risale al 28 Novembre 2022

Durante la serata in ricordo del vescovo Luigi, non senza commozione, è stato proiettato il video dell’incontro avvenuto a Ronco di Cossato il 28 Novembre 2022 https://www.youtube.com/watch?v=7inkrrkXbgQ