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La scomoda domanda viene posta da Sergio Zanchini al vescovo Vincenzo Paglia e al giornalista Domenico Quirico, rispettivamente conduttore ed ospiti della puntata di “Quante Storie” trasmessa Martedì 12 Dicembre 2023.

Sergio Zanchini prende spunto dal titolo dell’articolo su “La Stampa” datato 10 Dicembre 2023 di Niccolò Carratelli sulla marcia Perugia-Assisi e non interroga soltanto gli ospiti della trasmissione ma tutti noi.

Domanda scomoda a cui seguono risposte scomode, come è scomodo per i “vecchi” ammettere che il mondo è cambiato e che il proprio parlare e agire è ormai superato ed inadeguato.

Quirico va giù duro con i veterani della pace; sostiene che il mondo è cambiato; le guerre sono cambiate… Non servono a niente le marce, gli striscioni, i cori dei bambini e la colomba disegnata da famosi artisti. Il pacifismo deve imparare dal nemico i modi di comportamento: dev’essere più radicale, determinato; i pacifisti si informino e dicano nomi, cognomi e cifre di chi e di quanto guadagna dalla politica e dalla finanza armata.

Voi cosa ne pensate? Seguite il video della trasmissione e parliamone: https://www.youtube.com/watch?v=fi1lgB9hD0s

A compendio del dibattito riportato sopra, è interessante il libro di Vincenzo Paglia e Domenico Quirico

Lo scorso 2 Ottobre è stata trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma la denuncia sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste

Le associazioni firmatarie sono: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini.


Tra i denuncianti docenti universitari, avvocati, medici, saggisti, volontari, educatori, casalinghe, pensionati, padri Comboniani. Alcuni di loro sono molto conosciuti come Moni Ovadia e padre Alex Zanotelli. Portavoce dei 22 è l’avv. Ugo Giannangeli.
Hanno trasmesso la denuncia per conto degli assistiti gli avvocati Joachim Lau e Claudio Giangiacomo di IALANA Italia.


La denuncia è stata illustrata dai promotori in una conferenza stampa svoltasi, significativamente, di fronte alla base militare di Ghedi, dove fonti autorevoli ritengono che siano presenti ordigni nucleari.
La denuncia fa seguito a una campagna di un vasto settore del pacifismo italiano che ha chiesto uno studio alla Sezione italiana di IALANA, associazione di giuristi contro le armi nucleari specializzati in Diritto Internazionale, al fine di emettere un parere sulla legalità delle armi nucleari. Questa campagna, assolutamente autofinanziata, ha prodotto il libro Parere giuridico sulla presenza di armi nucleari in Italia edito da Multimage l’anno scorso.
La denuncia chiede agli inquirenti di accertare la presenza di ordigni nucleari in territorio italiano e, successivamente, di accertarne l’illegalità sulla base della normativa interna e internazionale. Gli inquirenti dovranno infine accertare le responsabilità, anche di rilevanza penale, che ricadono su coloro che hanno importato gli ordigni e/o su chi, illegittimamente, ne ha eventualmente autorizzato l’importazione e la successiva detenzione. La denuncia è supportata da 12 allegati.
Si allega una sintesi della denuncia.


Per avere il testo della denuncia e altre info scrivere a: denunciaarminucleari@proton.me

Per contatti diretti:
avvocato Claudio Giangiacomo +39 3356952089
avvocato Ugo Giannangeli +39 3406015344
avvocato Laila Simoncelli +39 3313063098
dott. Elio Pagani +39 3313298611


ulteriori riferimenti di rete sull’argomento: ecoinformazioni, ilfattoquotidiano, Avvenire, Officina dei Saperi

I profeti non sono fatti né per piacere né per restare nella bara. Neppure se ornata dalla bandiera arcobaleno della pace. È sulla loro eredità, pungolo continuo delle coscienze, che si misura ipocrisia e sincerità nel dolore per la perdita.

a cura di Carlo De Cicco

Il profeta è morto, viva il profeta. Accattivante il ricordo del vescovo Luigi Bettazzi e il suo appello per osare la pace, tracciato al suo funerale e sulle pagine della stampa che conta. Ma i profeti non sono fatti né per piacere, né per restare nella bara. Neppure se ornata dalla bandiera arcobaleno della pace. È sulla loro eredità, pungolo continuo delle coscienze, che si misura ipocrisia e sincerità nel dolore per la perdita. A Bettazzi è capitato quanto già visto per don Tonino Bello, l’altro vescovo presidente di Pax Christi, che lo seguì e ne condivise l’amore sincero e scomodissimo per la pace come modo migliore e veritiero di stare dalla parte degli ultimi secondo l’esempio di Gesù di Nazaret.

Resistere nel bene, senza mai ricambiare offese e rimproveri. Bettazzi lo ha fatto da vescovo gentiluomo, intellettuale tra i poveri e con i poveri, convertito dal concilio Vaticano II – come diceva di sé – a una Chiesa povera e dei poveri. E si sa, i poveri si nutrono di pazienza, ma non bisogna abusarne poiché arrivano tempi in cui la collera dei poveri – lo scriveva Paolo VI – diventa temibile. I funerali del vescovo Luigi sono stati una celebrazione di popolo di Dio che, in questioni di fede, è infallibile ripete sempre papa Francesco. “Nell’amore di Dio, nella pazienza di Cristo” motto episcopale di Bettazzi “oggi lo capiamo meglio” ha rimarcato il cardinale Arrigo Miglio nell’omelia della messa prima della sepoltura, considerando l’intera esistenza del vescovo emerito di Ivrea cucita da un filo rosso di spiritualità mai sguaiata né ostentata.

Intensa sintonia tra Luigi Bettazzi e la gente che aveva educato a considerare la Chiesa casa propria dove si vive e lavora amorevolmente per la giustizia e la pace. In piena umanità. Lo ha riconosciuto l’attuale vescovo di Ivrea Edoardo Cerrato. I potenti sono ospiti invitati a operare con giustizia e verità per il bene comune. Solo restando dalla parte del Vangelo la logica dei cristiani diventa disarmante perché non teme la verità. Tutti attori dell’avventura di un povero cristiano alla maniera di Celestino V chiamato da impensabili trame al soglio pontificio e prontissimo a ritirarsi quando constatò che non era aria di Vangelo quella che si respirava sul trono.

Ci sono due fotogrammi al funerale di Bettazzi che illuminano bene il senso di un profeta nella Chiesa che apre strade nuove senza pretenderle, ma proponendole e vivendole con nonviolenza. Non per questo meno scomode per chi resta. Alla preghiera dei fedeli una donna – forse di Pax Christi? – invita l’assemblea a pregare perché si arrivi allo scioglimento della Nato. E poi l’immagine di un’altra donna, energica collaboratrice del vescovo Luigi che al momento della tumulazione entra sola e per prima nella cappella della deposizione della bara, mentre cardinali, vescovi, preti e fedeli presenti cantano e pregano per l’estremo saluto al vescovo che ormai riposa con la croce pettorale d’acciaio e l’anello al dito donato ai padri del concilio da papa Montini.

Sono risuonate parole belle e importanti in morte di Bettazzi da parte del presidente dei vescovi italiani e specialmente dal papa che sembrano aver compreso il suo passaggio nel nostro tempo e l’impegno che ne scaturisce per la Chiesa in Italia. “Il sommo pontefice – si legge nel telegramma di Pietro Parolin, segretario di Stato, scritto a nome di Francesco – lo ricorda quale grande appassionato del Vangelo che si è distinto per la vicinanza ai poveri diventando segno profetico di giustizia e di pace in tempi particolari della storia della Chiesa, nonché Uomo di dialogo e punto di riferimento per numerosi esponenti della vita pubblica e politica italiana. Grato al Signore per questo intrepido Testimone del Concilio…”.

Allusione, forse, al famoso carteggio tra Bettazzi ed Enrico Berlinguer allora importante segretario del Partito Comunista Italiano che turbava i sonni dell’occidente capitalista sulla possibilità di un dialogo sincero tra credenti e non credenti. Eppure, in quel clima di guerra fredda tra l’Occidente e l’Unione Sovietica -identificata con l’Anticristo – vi fu una convergenza sostanziale tra la Santa Sede che operava per sostenere lo spirito di Helsinki con un dialogo positivo tra gli opposti sistemi e il vescovo Luigi che operava discretamente al disgelo tra Santa Sede e Vietnam comunista uscito vincitore dalla cruenta guerra con gli Stati Uniti. Per Bettazzi non era importante far filtrare quel difficilissimo dialogo per evidenziarne un suo merito, quanto piuttosto creare forti e leali legami di fraternità e ascolto sincero con chi, idealmente altro, convergeva per il bene del popolo e la giustizia.

Uno stile discreto, coperto, di Pax Christi anche per facilitare la vita delle persone nelle dittature del tempo in America latina. Ripetuti i tentativi di screditare l’immagine del vescovo definito “rosso” per tacitare la propria coscienza pungolata dal Vangelo inascoltato. Orecchi da mercanti che pensano di onorare Dio colpendo i profeti disarmati. Fortunatamente oggi, grazie a preti, sacerdoti, laici e perfino vescovi discepoli sinceri del vangelo, la via intrapresa dalla Chiesa cattolica con il magistero di Francesco, non permette di assimilarla con quel sistema economico che “uccide” i poveri della Terra e tiene in ostaggio l’intero pianeta sottoposto a stress climatico.

Si può dire con semplicità che a differenza della morte di altri profeti del passato anche piuttosto recenti, la Chiesa nelle sue componenti ha onorato Bettazzi in morte più di quanto lo fosse stato in vita. Resta da misurare la coerenza con la sua eredità spirituale che resta spinosa e non agevole. Lo ha sottolineato il cardinale Matteo Zuppi presidente della Conferenza episcopale italiana, impedito dal partecipare ai funerali del vescovo Luigi che fu anche ausiliare di Bologna ai tempi ruggenti del concilio e del cardinale Lercaro, tanto discusso per la sua idea di Chiesa dei poveri e di riforma liturgica.

Mai stanco di promuovere il concilio ricorda Zuppi in un messaggio alla diocesi di Ivrea in occasione delle esequie proprio in coincidenza del suo viaggio negli Stati Uniti per incontrare il presidente Biden in ordine a creare presupposti di pace in Ucraina. Zuppi si dice convinto che l’amato vescovo “assetato di pace e giustizia e di convinta non violenza” gli “avrebbe raccomandato di fare tutto ‘l’impossibile’”. “Non ha mai smesso di portare con libertà il Vangelo ovunque” scrive il porporato del presule, da non annoverare “nella folta schiera” di quanti “preferivano e preferiscono continuare ad usare le armi del rigore credendole indispensabili per difendere la verità e evocando improbabili periodi passati senza imparare dalla storia”.

Libero perché “amava Dio e la Chiesa – aggiunge Zuppi – monsignor Bettazzi “cercava il dialogo” e inoltre “comunicava la gioia di essere cristiano e annunciava la chiamata a tutti ad esserlo”. Era amabile, instancabile, gentile ma per niente affettato, scomodo, ironico, colto senza mai essere supponente”. Resta il compito di andare oltre le parole celebrative, ripensando seriamente all’impegno per la pace e la nonviolenza che resta l’eredità più vera del vescovo Luigi nel nostro tempo scompigliato dal conflitto in corso in Ucraina dopo l’aggressione della Federazione Russa. Proprio ricordando le parole d verità di Bettazzi su un conflitto tanto scomodo che butta alle ortiche ogni velo d’ipocrisia.

Per uscirne non servono più armi ma una verità e una sincerità che fa male all’anima non meno delle bombe. Con la differenza che la verità e l’amore ferendo risanano, le bombe uccidono e non risolvono. Sarebbe interessante non solo come sfida intellettuale ma come sfida esistenziale ascoltare due interventi del vescovo Luigi quasi centenario ma lucido e coerente sulla guerra tra Russia e Ucraina. Sanzioni sì, accoglienza ai profughi sì, intervento militare comunque presentato, no. “Semplicemente perché non è ragionevole”, sosteneva un mese dopo l’inizio dell’aggressione di Putin. “Persino al di là delle pur sempre chiare ragioni di carattere etico, non v’è chi non veda come qualsiasi apporto militare, non possa che condurre ad altri passi verso l’orlo del precipizio.

La non violenza è l’unica via possibile per la pace. Lo stop al proliferare degli armamenti è l’unica cosa “logica” per prevenire guerre future. Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, si sarebbe dovuta ridimensionare anche la Nato: invece ha cercato di ampliarsi fino a lambire, con l’Ucraina, i confini della Russia”. Questo ragionare fa gridare allo scandalo quanti – forse a loro insaputa – continuano a declinare il mantra della necessità del sistema militare-industriale che regge l’instabile equilibrio mondiale. Putin non è giustificato – sostiene Bettazzi – ma è stato sollecitato da noi. Senza fare tutti un passo indietro per ripartire col piede giusto, dalla guerra non se ne esce bene per nessuno.

Il suo pensiero in merito il vescovo Luigi lo ha precisato con una sintesi mirabile di 10 righe lo scorso febbraio a un convegno di Pax Christi. “A un anno dall’inizio della guerra quel che osservo è che tutti siamo per la guerra perché anche se, come diceva papa Giovanni che la guerra è una pazzia e papa Francesco ripete che è una follia. È una follia sia la guerra di attacco sia la guerra di difesa. È sempre guerra. E abbiamo la mentalità che una guerra si possa vincere soltanto con un’altra guerra. Quello che ci manca è la mentalità della nonviolenza. La pace arriva soltanto attraverso la nonviolenza. Una guerra provoca una guerra e quella un’altra guerra”.

Dopo aver citato l’esempio positivo di Gandhi e Luther King, aggiunge: “È vero che sono morti perché la nonviolenza disturba i violenti e i violenti uccidono i non violenti, a cominciare da Gesù che insegnava la nonviolenza e lo hanno ucciso proprio per quello, perché disturbava i potenti civili e religiosi del suo tempo. Gandhi diceva di aver imparato la nonviolenza anche dal Vangelo, ma non si era fatto cristiano perché aveva visto quanti pochi cristiani in questo campo mettono in pratica il Vangelo. Sembra di accettare il male ma è l’unico modo di portare il violento a capire che non può con la violenza dominare gli altri…Bisogna studiare i modi per la nonviolenza specialmente noi cristiani. Credo che sia una riflessione che dobbiamo fare e una educazione che dobbiamo farci, noi cristiani per primi, ma tutti gli uomini.

Soltanto quando si arriverà a delle resistenze nonviolenti si sarà sul cammino della pace”. E pensare che queste cose le diceva un vescovo che appariva gioioso, quasi scherzoso. Non mi è mai capitato un interlocutore che mi chiedesse come mai quel vescovo sapesse creare e raccontare tante barzellette. Ne procurò tantissime anche al comico Gino Bramieri per le sue performance televisive domenicali. Era lo stesso vescovo Luigi che pregava tanto, con parole di silenzio; passava tanto tempo nel silenzio davanti al silenzio di Gesù eucaristia, memoriale della Pasqua di risurrezione, come aveva appreso alla scuola spirituale di Charles De Foucauld, il militare convertito nel deserto dell’anima, oggi santo, senza aver spintonato nessuno.


da Barbara Peruzzi, Segreteria Nazionale Pax Christi Italia – IMPRUNETA (FI)

Non servono più armi ma una verità che fa male come le bombe. La lezione di Bettazzi | L’analisi di Carlo Di Cicco (ripartelitalia.it)

Da Catania il Presidente di Pax Christi Giovanni Ricchiuti con un breve video: parlare di ‘carichi residuali’ è una visione disumanizzante! Apriamo i porti. Ma dobbiamo anche chiudere i porti a tutto ciò che è traffico di armi, di guerra, di morte. Per questo motivo saremo al Porto di Napoli, Sabato 19 Novembre h. 14, con il Vescovo don Mimmo Battaglia e tante persone, con l’iniziativa Fari di pace, per dire che i porti vanno chiusi a tutto ciò che va contro l’umanità, in primis la guerra.

vedi il video su Youtube

vedi l’articolo integrale di Pax Chirsti Italia


Il M.I.R. fa appello al Governo italiano affinché si osservino le norme stabilite dalla Legge 185/90 e dai Trattati internazionali – tra cui il Trattato sul commercio delle armi (ATT) – e lo sollecita ad adottare misure, come l’embargo militare, che sanzionano stati – come Israele – che non rispettano i diritti umani, interrompendo un commercio di armi che alimenta la guerra.

Il M.I.R. (Movimento Internazionale della Riconciliazione), da decenni impegnato nell’azione per la pace e l’affermazione della nonviolenza attiva, via alternativa per affrontare e trasformare i conflitti, esprime solidarietà e sostegno ai lavoratori portuali di Livorno, che il 14 maggio 2021 si sono rifiutati di caricare armi e mezzi blindati sulla nave ‘Asiatic Island’ proveniente da Marsiglia con destinazione i porti israeliani di Ashdod e Haifa. Si tratta di un apprezzabile gesto di responsabilità per le conseguenze, anche indirette, della propria attività lavorativa, dettato dalla presa di coscienza di una situazione di conflitto armato a cui nessuno può dirsi del tutto estraneo, se non si dissocia da comportamenti ed azioni che possano ulteriormente aggravarlo.

Il principio di responsabilità, personale e collettivo, che i portuali livornesi hanno affermato con il loro rifiuto di partecipare al tragico mercato di morte – cui si sono associati anche i portuali di Napoli, altro scalo della nave – va sostenuto e diffuso a tutti i livelli, informando la popolazione sulle connessioni dirette ed indirette tra attività commerciali, finanziarie e di ricerca scientifica dell’Italia con sistemi militar-industriali che alimentano guerre ed oppressione in altri Paesi. Nei confronti d’Israele, inoltre, da più parti è stata sollecitata l’adozione dell’embargo militare, come sanzione per l’inosservanza di numerose risoluzioni dell’O.N.U. e per l’iniquo e discriminatorio trattamento riservato alla popolazione palestinese.

Va ricordato che – al di là d’iniziative spontanee di boicottaggio e non-collaborazione messe in atto da lavoratori e comuni cittadini – è indispensabile che si applichi rigorosamente la Legge 9 luglio 1990, n. 185, “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, vigente da oltre 30 anni ma vergognosamente disattesa. Partendo dal principio costituzionale che “l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, al 5° comma dell’art. 1 essa prevede che: “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia” e, al comma successivo, che: “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.

Come organizzazione che s’ispira ai principi della nonviolenza e opera per la pace la giustizia ed i diritti umani, oltre a ribadire solidarietà ai lavoratori portuali protagonisti di questo atto di responsabilità ed impegno civile, il M.I.R. fa appello al Governo italiano affinché si osservino le norme stabilite dalla Legge 185/90 e dai Trattati internazionali – tra cui il Trattato sul commercio delle armi (ATT) – e lo sollecita ad adottare misure, come l’embargo militare, che sanzionano stati – come Israele – che non rispettano i diritti umani, interrompendo un commercio di armi che alimenta la guerra.

20 maggio 2021                                  MIR – Movimento Internazionale della Riconciliazione


Pax Christi Punto Pace Ivrea aggiunge:

SE NON ORA, QUANDO? NON LASCIAMOLI SOLI! – L’OBIEZIONE DEI PORTUALI E’ UN SEGNO FORTE E I TANTI GRUPPI PACE DOVREBBERO MAI COME ORA SENTIRE L’ESIGENZA DI ESSER LORO VICINI, INSIEME, COME RETE, E LA CUI UNITA’ DIREBBE ANCORA PIU’ FORTE QUEL “BASTA” INIZIATO DA LAVORATORI CHE, PER QUESTO, RISCHIANO IL POSTO DI LAVORO.

seguiamo la vicenda grazie alla cronaca di questi giorni:

https://liguriaoggi.it/2019/05/20/nave-carica-di-armi-nel-porto-di-genova-i-portuali-si-rifiutano-di-caricare/

http://www.infopal.it/a-livorno-i-portuali-si-rifiutano-di-caricare-armi-per-israele/


La reazione contro il carico di armi nei porti non è soltanto cronaca recente ma in questo senso i portuali fanno notizia da almeno un anno; vedi i seguenti riferimenti di rete (link):

https://www.nev.it/nev/2020/02/13/portuali-genova-contro-navi-di-armi-la-glam-riconvertire-industria-bellica/

http://www.senzatregua.it/2020/02/18/chiudere-porti-alla-guerra-la-protesta-dei-portuali-genova-le-armi-saudite/

https://m.famigliacristiana.it/articolo/quella-nave-carica-d-armi-per-la-libia-nel-porto-di-genova.htm