Sabato 14 Ottobre 2023 ore 16,30 presso l’Oratorio San Giuseppe di Ivrea, con il ricercatore universitario Marco Labbate e con i primi obiettori storici in Piemonte Piercarlo Racca e Pierangelo Monti, si è parlato della storia e dell’attualità del no alle ragioni armate di Stato.

Avere con noi Sabato 14 Ottobre Marco Labbate, autore del libro “Un’altra patria. L’obiezione di coscienza nell’Italia repubblicana”, non ci ha dato l’occasione di parlare dei no del passato alle armi ma a come possiamo noi oggi essere alternativa a tutta una architettura politica e culturale che non ha voglia e convenienza di pensare alla pace, e, anzi, accusa i pacifisti di collaborazionismo con il nemico di turno.


relazione dell’incontro

L’incontro sull’obiezione di coscienza organizzato dal Punto Pace di Pax Christi di Ivrea e tenutosi Sabato 14 c.m. all’oratorio S. Giuseppe è iniziato con la bella e vivace relazione di Marco Labbate, ricercatore presso l’Università di Urbino.

Le vicende dei primi obiettori, le difficoltà incontrate e infine i passi compiuti per giungere alla legge 772 del dicembre 1972 che consentiva l’obiezione di coscienza al servizio militare, ci hanno fatto rivivere momenti  lontani ma che hanno segnato la vita e lo sviluppo di molti movimenti e associazioni per la pace.

Parlando a Ivrea, Labbate non poteva tralasciare l’impegno della nostra diocesi e soprattutto di mons. Bettazzi  sul tema dell’obiezione. Come presidente di Pax Christi  Italia coinvolse il movimento su questo tema,  inaugurando la tradizione delle Marce di Capodanno e avviando nel 1974 presso la Casa dell’Ospitalità di Ivrea, i corsi di formazione per obiettori. Consigliabile in merito  l’ultimo libro del relatore: “Non un uomo, né un soldo – Obiezione di Coscienza e servizio civile a Torino”  nel quale molte pagine sono dedicate all’impegno di Pax Christi e di mons. Bettazzi.

Si è passati poi ad ascoltare l’esperienze di due obiettori:  Piercarlo Racca di Torino e Pierangelo Monti di Ivrea. Più legata a un impegno in gruppi e associazioni quella di Racca., più personale quella di Monti, ci hanno fatto capire come sia difficile vivere le propri convinzioni e come sia necessario l’impegno comune  per fare dei passi avanti.

Ultimo intervento quello di Silvio Salussolia che brevemente ha aperto nuovi spazi all’obiezione affrontando il tema delle banche armate ossia di  quegli istituti di credito che  danno contributi a industrie produttrici di armi. E’ questo un discorso molto complesso ma che va affrontato. L’invito che si può fare in merito è quello che tutti noi ci impegniamo  a  conoscere meglio questo problema per poi fare l’unica obiezione possibile ossia togliere i nostri soldi da quelle  banche.

Gustavo Gnavi


Pierangelo Monti ha condiviso con noi la sua lettera indirizzata al Ministro della Difesa Italiana dell’epoca con la quale, in maniera semplice ma perentoria ed esaustiva, chiedeva di non fare il servizio militare ma quello civile.

AL MINISTRO DELLA DIFESA

Io sottoscritto MONTI PIERANGELO, nato a Paderno Dugnano (MI) il 28 giugno 1952, ed ivi residente in Via Achille Grandi n. 35, iscritto all’Ufficio Militare di leva di Monza, dopo aver terminato gli studi seminaristici teologici del Pontificio Istituto Missioni Estere, chiedo di prestare il servizio civile alternativo a quello militare, come previsto dalla legge 15.12.1972, n. 772.

Dichiaro di essere totalmente contrario all’uso personale delle armi, tanto più nel loro uso organizzato, istituzionalizzato, al servizio del potere costituito.

Le armi non possono che uccidere, distruggere, fare ogni sorta di male. Con esse si fan le guerre, che, salvo quelle di liberazione dall’oppressione, non sono mai volute dal popolo, ma solo dai potenti che per mire di potenza e ricchezza le dichiarano e le sostengono con false motivazioni e falsi valori, come quello della “Patria”. Io rifiuto le divisioni nazionalistiche perché credo che gli uomini sono tutti fratelli, tutti con pari diritti.

Perché mai io italiano dovrei uccidere o prepararmi ad uccidere uno “straniero”? un uomo, una donna, un bambino, un vecchio che certamente come me condannano la guerra e chi la vuole?

Non parliamo di “dovere militare” per il bene della Patria! Uno solo è il nostro dovere: amare tutti, far la pace del mondo, una pace vera che viene dalla giustizia. Dovere degli uomini, uniti al di sopra dei confini nazionali, è di abbattere le oppressioni, le dittature, le divisioni di classe, le ingiustizie economiche e culturali, che sono fonti di odio, di violenza, di guerre.

Gli eserciti sono macchine di guerra, guidati in modo gerarchico, antidemocratico e autoritario dai potenti della terra: non contribuiranno mai a portare la pace vera! 

Anche in tempo di “pace” le armi e gli eserciti sono da condannare, perché per il loro mantenimento si fanno spese enormi, si consumano molte materie prime, si sottraggono al popolo molti beni, uomini ed energie. Infine il servizio di leva militare rovina i giovani, li rende una massa uniforme, abituata ad obbedire, a non pensare, a fare cose assurde. I giovani nel periodo di leva militare imparano inoltre a cercare il proprio interesse, a tendere alla superiorità sugli altri, a disinteressarsi dei problemi sociali, politici e religiosi; sono diseducati alla corresponsabilità, alla democrazia, all’impegno per gli altri.

In coerenza con queste mie convinzioni e giudizi, che fan parte della mia concezione generale cristiana non violenta della vita, io rifiuto il servizio militare e, come obiettore di coscienza, in conformità alla Costituzione, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, alla Legge n. 772, opto per il servizio civile alternativo al militare, nel campo assistenziale ai poveri, malati, emarginati.

Dichiaro che il mio servizio civile non potrà essere utilizzato ai fini di lucro, sostitutivo del lavoro disponibile e del lavoro di coloro che stiano esercitando il diritto di sciopero.

Dichiaro inoltre di non essere titolare di licenze o autorizzazioni relative alle armi indicate rispettivamente negli articoli 28 e 30 del testo unico della Legge di Pubblica Sicurezza e di non essere stato condannato per detenzione o porto abusivo di armi.

In fede

Paderno Dugnano, li 7 Luglio 1976   

Questa lettera testimonia come gli anni ’70 del secolo scorso fossero anni densi di tensioni sociali, culturali e politiche anche perché i giovani di allora sentivano dentro di dover partecipare ai cambiamenti in meglio di un pianeta gestito e spartito dai “grandi”. Effervescenza di Utopia o irrequietezza da illusione fosse, quella “forza dentro” caratterizzò generazioni di giovani ben diversi dai giovani di oggi, opportunamente drogati dall’avere tutto e subito, incoscientemente decoscientizzati da un perverso sistema che ha saputo gestire fami e sazietà, di ieri e di oggi.


altri riferimenti di rete sul tema: L’INCONTRO NEWS


l’autore Marco Labbate

3 Commenti

  1. messi a riposo da uno Stato che ha abolito il servizio obbligatorio di leva, senza per altro sostituirlo con un servizio civile altrettanto obbligatorio sia per ragazzi che per ragazze, non per questo siamo legittimati a relegare nel passato l’obiezione alle armi. Oggi siamo chiamati a una diversa e vigile obiezione alla visione armata della politica, dell’economia, della cultura sia mondiale che nell’ombelico sociale entro cui viviamo quotidianamente.

  2. Eravamo pochini. Forse avremmo dovuto invitare responsabili e ragazzi degli oratori e dei centri estivi, gli scouts e Libera, lasciando a loro la gestione della preparazione della serata e delle interviste.

  3. è vero che si era in pochi. forse oggi certi argomenti non interessano molto ma il problema di fondo è la carenza di comunicazione o meglio come comunicare oggi

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